quarto e quinto viaggio (fourth and fifth trip) / prima parte – first part

.


italian/english version

sono Gli ultimi testi . Li pubblichiamo in più parti, che ci sono venuti lunghi – This are the  last  texts . We Publish them in multiple parts , that they have a long  way 

Il fine del nuovo


Forse con più timore pronunciate voi la sentenza contro di me,
di quanto ne provi io a riceverla
Giordano Bruno


Assisteremo, in questi secondi momenti,
alla nostra personalità
Giovanni Trapattoni (Italia-Spagna)

Se questo nostro testo fosse un viaggio, lo sarebbe con la semplicità e l’ inconsapevolezza in cui in 1Q84, il romanzo di Murakami Haruki, si passa da un mondo all’altro. Più che romanzo, una narrazione. Riteniamo, infatti, che, tra i due, la narrazione sia più discreta , cerca di scomparire dopo essere stata pronunciata, non vuole eternarsi come il romanzo. Come dice W.Benjamin “da un lato il senso della vita, dall’altro la morale della storia”. Così noi racconteremo il meraviglioso incontrato nel nostro cammino, non la sua base psicologica o la sua spiegazione scientifica, che lo riporterebbero nell’opaco dei dettami del Bene/Padre/Sole/Capitale, da cui invece tenteremo di allontanarci per evitare che il nostro parlare ci riporti ai consueti rapporti di forza donati dal Mercato nel quale viviamo.

Dunque, in 1Q84 Aomame, una dei protagonisti, si ritrova un giorno del tutto casualmente bloccata dal traffico in un’autostrada di Tokyo. Il Taxista, incredibilmente, vista la sua fretta (ha appena ucciso un uomo che se lo meritava) le consiglia di scendere attraverso una scaletta di servizio dal ponte su cui si trovano per raggiungere una via più libera. Eppure alla fine della scala, superati alcuni ostacoli, Aomame si troverà in un altro mondo, individuato da piccoli segni. Ci sono due lune, un cartello pubblicitario messo al contrario, ma soprattutto cambiano le forze in campo. Cioè a regolare questo strano Giappone stanno i Little people, con tanto di setta a cui parlano silenziosamente, e la forza a loro antagonista. Nessuna delle due può essere chiamata bene o male, s’affrontano in mille episodi che sono percepiti solo da chi ne sia consapevole. Il nostro ambiguo viaggio per prendere le distanze dal B/P/S/C , lontano dai suoi significanti amministrati dal Mercato non può che essere così, leggero e casuale. Già ad affrontare delle prove ritorneremmo sotto il suo cappello, ci sforzeremmo per superarle, riportando i significati con noi. Riempiendo, di nuovo, il nostro inconscio ormai necessariamente vuoto, o meglio appaltato, d’un linguaggio che non è il nostro. Risaliremmo la scalinata attraverso catene di desiderio, senza abbandonarci al nuovo piacere.

I primi scalini che scendiamo, invece, sono alcune parole (Parole) imprescindibili anni fa. Non per chi s’occupasse di motori trifase, ma se qualcuno s’aggirava nell’ambito dell’arte, nelle periferie, si sarebbe sicuramente scontrato con Paradossale, Contemporaneo, Storicizzato, Surreale. Un pessimo gin tonic poteva essere paradossale, storicizzato era un modo per eliminare un artista dalla discussione. Chiunque fosse. La gergalità come accesso scomposto ad una comunità. Ma la ripetizione ossessiva non produce un significante e difatti il primo scalino era spesso proprio un gin tonic. In questo 2K16 ci permettiamo un’operazione che in quell’altro mondo sarebbe stata tacciata come Storicizzata, citando Salvatore Settis che parla di cultura classica : “Meno sappiamo il greco e il latino, meno leggiamo quella letteratura, e più parliamo di greci e romani, ma in modo sempre più sclerotizzato, convenzionale, morto”. Cioè, paradossalmente (Dio ci perdoni) più svuotiamo ciò che citiamo, che diciamo, di senso, più lo mettiamo, confusamente, sopra un piedistallo che diremo universale (Universale).


Scalino dopo scalino, forse astiosamente, sentendo che i conti non tornano, e che anzi proprio nel mantra vuoto del ripetere questi termini sta l’insinuarsi spiacevole nei nostri corpi del Verbo che stava in principio (l’auto elogiarsi del Mercato), del P/S/B/C, entriamo nel mondo dell’Altro. L’Altro ci porta all’oggi, qualche oggi. Onde di Altro, qualunque esso sia: lo Straniero, l’Animale, ciò che riconosciamo come portatore di diversità. Che perdoniamo, dicendo che la sua diversità è una ricchezza, ma al contempo ci mettiamo a tirar su un muro tra Io/Noi e Lui/Lei. In fondo John Stuart Mill, nel 1859, aveva voluto arrivare fino alla battaglia di Maratona per fondare una cultura europea omogenea (Maratona più importante di Hastings per gli inglesi) da opporre agli orribili persiani, ovvero all’Oriente, anch’esso omogeneo e di per sé minaccioso.

Ripetere forme sempre uguali, sempre meno piene di senso, significa riempirle d’una valenza universale e violenta, nel momento in cui tale indifferenza al totale materialismo del Mercato porta alla nostalgia di ideologie già scomparse. Tale completa immanenza, come scrivevamo altrove (www.veditu.blogspot.it), è il contraltare del livello d’astrazione raggiunto del Mercato che oggi si dà come risultato, non come processo. Cioè possiamo riconoscerne la compiutezza anche prescindendo dal livello di modernità che un determinato luogo, nel mondo, ha raggiunto. Usare un linguaggio fatto di universali, di segni pesanti, per quanto vuoti, ci impedisce di conoscere e di conoscerci, di rilevare la nostra mutazione verso un corpo svuotantesi a favore di corpi condivisi sulle piattaforme del Mercato. Continuare a romanzare la realtà ci porta direttamente dalla condivisione, desiderante, dai nostri nuovi organi, dal riconoscere la potenzialità dell’essere felicemente modificati al triste finale del 900. E’ violenza che rimanda a violenza, pure presente nel lato oscuro del mercato, nei luoghi in cui non esistono nemmeno tracce dei nostri atti, semmai ne esiste la possibilità.
D’altra parte ad un certo punto Francis Fukuiama stabilì La fine della storia (1992), cioè che la fine dei contrasti ideologici, il livello di sviluppo raggiunto ponevano l’impossibilità del cambiamento rispetto al migliore dei mondi possibili. Ma pose anche la prospettiva dello scontro di civiltà.


Per permetterci di essere abitati dall’intenzione degli altri e contestualmente abitarli, nella mediazione offerta dal mercato, l’Altro, l’Io, il non Io, la Fine, la Storia ecc. vanno rimossi con leggerezza, attraverso un approccio discreto che usi dei segni un po’ meno segni. Il nostro non è un viaggio tra fortezze e villaggi, paesaggi e strade, ma tra i mondi aperti che ognuno di noi può facilmente penetrare. La Fine del Nuovo apre alla novità, la scomparsa dell’Altro richiama gli altri, accolti nel senso dell’arrivante di Derridà (L’arrivante è colui che viene senza essere invitato, senza che lo si aspetti,…, che mette in questione ogni precostrutto ed è questa destabilizzazione, seppur traumatica, ciò che avvia un processo di rovesciamento dell’uno nell’altro ), la Storia può lasciare lo spazio alle storie.

Alla fine della scala di 1Q84 troviamo l’Abramovich con la performance The artist is present. Sappiamo bene come è andata: 3 mesi seduta al Moma a guardare negli occhi chi, citiamola “di fronte a me volesse mettersi in gioco. E’ stato un fluire continuo di emozioni tra due persone, uno svuotarsi e un riempirsi di continuo”. Ad un certo punto Ulay, l’artista e suo ex compagno, partecipa alla performance e, in un momento di grande intensità, Marina piange e gli porge le mani. Nel frattempo, nel resto del museo, giovani artisti riproducono i suoi lavori più noti. Tutto molto intenso, molto partecipato, tutto ciò che capitava al Moma era descritto a lettere maiuscole. L’Abramovich ci porge, però, anche il video dell’esperienza, che è tanto performance quanto la sua presenza al museo. E lì riprendiamo l’approccio discreto. Per poterci comunicare quell’evento, deve ridurne il peso simbolico. Vediamo così come, per poter farsi interpretare dai giovani artisti, nell’imitazione mimetica delle sue azioni del secolo scorso, affinché possano essere credibili, Marina capisce che deve sottrarli al Mercato, cercare di rimuovere, di far dimenticare, la loro mutazione. E li porta, difatti, in un’isolata campagna, immersi nella natura. Ma scopriamo anche che il buon Ulay faceva parte della combriccola e che, quindi, non proprio casualmente o insospettatamente, passava quel giorno di là. O ancora che tutta la tensione di The artist is present poteva scemare visto che a un certo punto Marina voleva farsi fare a pezzi da un mago professionista. Chi l’ha evitato? Naturalmente il suo agente.

E di questo proprio abbiamo necessità per completare il nostro viaggio, d’uno zaino leggero. Per parlare di Altro, di Storia ecc., nel contemporaneo devi crederti quantomeno rappresentante di Dio in terra, il che non prevede proprio un piccolo ego, ma un bagaglio così forte di convinzioni che il prossimo tuo puoi persino amarlo tanto quanto te stesso, ma non gli permetterai mai di entrare in te.
Per ritornare al mondo con una sola luna, riprendiamo la scaletta che avevamo disceso, abbandonando delle parole, rinunciando, ad esempio, all’Infinito di Leopardi ma portandoci dietro le sue note a margine: e dajie con la morte, non fa mai male commuovere (Carmelo Bene , Phonè e delirio) che saranno i nostri nuovi gradini. Ma questa è un’altra Storia.


The end of the new (*)


Perhaps with more fear you  pronounce the sentence against me , than  that I feel to receive it
Giordano Bruno 

We will see, in these seconds moments, our personality 
Giovanni Trapattoni (Italy-Spain)

If this our text was a trip, it would be with the simplicity and ‘unawareness in which in 1Q84, Haruki Murakami’s novel, we go from one world to another. More than a novel, a narrative. We believe that, between the two, the narrative is more discreet, seeks to disappear after being pronounced, it does not want eternarsi like the novel. Says W.Benjamin “on the one hand the meaning of life, at  the other, the moral of the story”. So we tell the wonderful that met us on the way, not its psychological basis or its scientific explanation, which would reported  in  matte  the dictates of Good / Father / Sun / Capital, which instead we will try to move away,  to avoid that our talk take us  back to the usual balance of power given by the market in which we live.


Therefore, in 1Q84 Aomame, one of the protagonists,  finds herself one day quite by chance blocked by traffic on a highway in Tokyo. The Taxi driver, incredibly,  
having regard to its hurry (she just killed a man who deserved it) advises her to descend through a service ladder from the bridge on which they are to achieve a more free way. Yet at the end of the scale, overcomes some obstacles, Aomame will be in another world, identified by small signs. There are two moons, an advertising sign placed on the contrary, but above all change the forces in the field. That is, to regulate this strange Japan are the Little people, with so much of the sect to which speak quietly, and strength  antagonistic. None of two can be called good or bad, confront each other in a thousand episodes that are perceived only by those who are aware. Our ambiguous journey to take  distance from the B / P / S / C, far from its signifiers administered by the market can only be so, light and casual. Already facing the trials would go back under his hat.

Filling, again, our unconscious now necessarily empty, or rather outsourced, of a language that is not ours. We can go back  the stairway through chains of desire, without  surrender  to the new pleasure. 
The first steps that we go down, however, are some words (Words),  essential some  years ago. Not for those where was interested by  three-phase motors, but if anyone was wandering in the field of art, in the suburbs, he would surely run into  Paradox, Contemporary, historicised, Surreal. A bad gin and tonic could be paradoxical, historicised was a way to remove an artist from the discussion. Whoever it was. The jargon as decomposed access to a community. But the obsessive repetition does not produce a significant and in fact the first step was often just a gin and tonic. In this 2K16 we allow ourselves a task that in that other world would be accused as historicised, citing Salvatore Settis speaking of classical culture: “Less we know of greek and latin, less we read this literature, and the more we talk about Greek and Roman but in an increasingly sclerotic, conventional, dead. ” That is, paradoxically (God forgive us), more we empty that we mention, we say, of meaning, than more we put it, confusingly, on a pedestal that we will say Universal (Universal).


Step after step, perhaps acrimoniously, that feeling that does not add up accounts, and in fact right in the empty mantra of repeating these terms is the unpleasant creep into our bodies of the Word who was in the beginning (the praise himself Auto Market), the P / S / B / C, we enter the world of the Other. The Other brings us to today, a certain today. Waves of other, whatever it is: the Stranger, the Animal, what we recognize as the bearer of diversity. That we forgive, saying that its diversity is an asset, but at the same time we begin to pull up a wall between Me / Us and Him / Her. At the end John Stuart Mill, in 1859, he had wanted to get up to the Battle of Marathon to find a homogenous European culture (Marathon most important than Hastings for the British) to oppose to the horrible Persians, or to the East, also homogeneous and threatening.

Repeat always the same forms, less and less full of meaning, it means fill them of an universal value and violent, This indifference to the total materialism of the market leads to homesickness of already disappeared ideologies. This complete immanence, as we wrote elsewhere (www.veditu.blogspot.it), is the counterpart of the level of abstraction reached by the market today that now it gives as a result, not as a process. That is, we can recognize its completeness even apart from the level of modernity that a particular place in the world has achieved. Using a language of universal, heavy signs, as voids, it prevents us to know and to know each other, to detect our mutation into a svuotantesi body in favor of bodies who are shared on platforms on the market. Continue to novelise the reality leads directly from the sharing, wishing, of our new bodies, from recognizing the potential of being happily changed, to the sad ending of the 900. It’s violence that leads to violence, also present in the dark side of the market, in places where there are not even traces of our actions, although there was a possibility.

On the other hand at some point Francis settled Fukuiama The End of History (1992), that is, that the end of ideological differences, the level of development reached posed the impossibility of change from the best of all possible worlds. But also he laid the clash of civilizations perspective. 


To allow us to be inhabited by the intention of the other and simultaneously inhabit it, in the mediation offered by the market, the Other, the Ego, The not ego, The End, the History etc. They should be removed whit lightly, through a discreet’s approach that uses some of some signs a little less signs. Ours is not a journey through fortresses and villages, landscapes and roads, but between open worlds that each of us can easily penetrate. The End of the New is opening to the novelty, the Other’s disappearance attracts others, welcomed in the sense of the arriving of Derrida (The arriving is who arrrives without an invitation, that he don’t be expected … which puts question each precostrutto and this destabilization, even traumatic, what starts a reversal process of one another), history may leave the space to the stories.


At the end of 1Q84’s scale we find Abramovich with the performance The artist is present. We know how it went: three months sitting at Moma to look into those eyes, mention her “in front of me wanted to get involved. It ‘been a continuous flow of emotions between two people, a continuous, reciprocally, emptying and filling “. At one point Ulay, the artist and her former partner, took part in the performance, and, in a moment of great intensity, Marina cries and holds out his hands.
Meanwhile, in the rest of the museum, some young artists was reproducing her best known works. All very intense, very addictive, all that happened was described at the MOMA in capital letters. The Abramovich holds out, however, even the video experience, which is performance as its presence at the museum. And there we take the discreet approach. To be able to communicate that event, you must reduce its symbolic weight. Thus we see that, in order to be interpreted by young artists, in imitation of his actions mimetic of the last century, in order to be credible, Marina realizes he must save them from the market, try to remove, to forget, their mutation. It leads them, in fact, in a secluded countryside, surrounded by nature. But we also discover that the good Ulay was part of the gang and that, therefore, not quite accidentally or unsuspectedly, went beyond that day. Or that all of “The artist is present” tension could wane because at one point wanted to Marina being blown to smithereens by a professional magician. Who prevented? Of course her agent.

And this precisely we need to complete our journey, of a light backpack. To talk about Other, History etc., You have to believe, in the contemporary, to be the representative of God on the earth, which does not expected a small ego, but a luggage so strong of belief that you may even love your thy neighbor him as much as yourself, but You never allow him to get into you. To return to the world with one moon, we take the ladder we had descended, abandoning the words, leaving, for example, the Infinite of Leopardi but bringing back its notes in the margin: and dajie (Push) with death, it never hurts to thrill (Carmelo Bene, Phonè and delirium), that will be our new steps. But that is another History.



*untranslatable play on words

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *