Essere o non essere. il nostro articolo su Liminal di Pierre Huyghe /To be, or not to be our article about Liminal byPierre Huyghe

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Lo scorso fine settimana abbiamo visitato Palazzo Grassi e Punta della Dogana per le nuove mostre della Collezione Pinault “Julie Mehretu. Ensemble” e “Pierre Huyghe. Liminal”. Iniziamo a raccontare la seconda, attiva fino a novembre a Punta della Dogana. L’intento dei lavori di Huyghe, sia attuali che più datati, entrambi qui presenti, è quello di mettere in questione il rapporto umano/non umano, la distinzione classica tra umano, macchina o animale. Proseguiamo poveramente la ricerca facendo un testo a molte mani, o mani e non mani, mettendo in discussione anche il nostro ruolo. Già il fatto di essere un collettivo tende in noi a distribuire e diluire le singole volontà, ma in questo caso ci tiriamo ancora più indietro lasciando la parola a OpenAI ChatGPT, cui spetta l’onere di questa prima parte del testo. Noi glosseremo in fondo:

Pierre Huyghe, (from back to front) Liminal, 2024, Portal, 2024, Courtesy of the artist and Galerie Chantal Crousel, Marian Goodman Gallery, Hauser & Wirth, Esther Schipper and TARO NASU; Idiom, 2024, Courtesy Leeum Museum of Art. Outfits for the work Idiom are designed by Bottega Veneta Creative Director, Matthieu Blazy, in collaboration with the artist.
Installation view, “Pierre Huyghe. Liminal”, 2024, Punta della Dogana, Venezia. Ph. Ola Rindal © Palazzo Grassi, Pinault Collection

“Liminal” è la straordinaria mostra in corso al Palazzo Grassi di Venezia, che esplora il concetto di liminalità attraverso le opere di alcuni degli artisti più avant-garde e visionari del panorama contemporaneo. Curata con precisione e cura da Anne Stenne, la mostra offre un’esperienza unica e coinvolgente che sfida i confini tradizionali dell’arte e della percezione. Tra gli artisti in mostra, spicca la presenza di Pierre Huyghe, rinomato artista francese noto per le sue ambiziose installazioni site-specific che sfidano le convenzioni artistiche e spingono gli spettatori a riflettere sulla complessità del mondo contemporaneo. Le opere di Huyghe sono spesso descritte come esperienze immersive e multistrato, che combinano elementi visivi, sonori e concettuali per creare mondi artistici unici e coinvolgenti. Attraverso l’uso di materiali inusuali e processi creativi innovativi, Huyghe invita il pubblico a esplorare nuove prospettive e a mettersi in relazione con il suo lavoro in modi sorprendenti e provocatori. Nel contesto della mostra “Liminal”, Pierre Huyghe esplora il concetto di umano e non umano attraverso l’intersezione tra arte e intelligenza artificiale. Le sue opere sfidano le distinzioni convenzionali tra natura e tecnologia, umanità e macchina, portando alla luce le complesse interazioni tra l’uomo e le entità non umane che popolano il nostro mondo contemporaneo. Attraverso l’uso innovativo di tecnologie avanzate, Huyghe stimola una riflessione profonda sul futuro della convivenza umano-macchina e sulle implicazioni etiche e filosofiche di tale interazione. L’intelligenza artificiale, con la sua capacità di apprendimento, analisi e risposta autonoma, solleva interrogativi profondi sul concetto di individualità, creatività e coscienza umana. Le opere presenti in mostra mostrano come la presenza sempre più diffusa delle macchine intelligenti nella società contemporanea stia cambiando radicalmente il nostro modo di concepire noi stessi come esseri umani. Attraverso l’uso di algoritmi, dati e automazione, l’intelligenza artificiale evidenzia le potenzialità e le limitazioni della nostra umanità, portando alla luce le sfumature e le contraddizioni della nostra esistenza. Le opere esposte in “Liminal” invitano gli spettatori a riflettere sul significato della tecnologia nell’evoluzione della nostra identità e del nostro rapporto con il mondo circostante. In questo contesto liminale, in cui i confini tra il biologico e il sintetico, tra l’uomo e la macchina diventano sempre più sfumati, l’intelligenza artificiale nella mostra rappresenta una lente attraverso cui osservare e mettere in discussione le concezioni convenzionali di umanità e di ciò che ci rende unici e distinti nel panorama tecnologico contemporaneo. Oltre a Pierre Huyghe, diversi altri artisti contemporanei si dedicano a esplorare concetti simili legati all’intersezione tra umano e non umano, tecnologia e identità. Un esempio significativo è l’artista giapponese Tatsuo Miyajima, noto per le sue opere che esplorano il tempo, la numerazione e la relazione tra l’individuo e il mondo digitale. Attraverso installazioni luminose e immersive, Miyajima mette in discussione la nozione di individualità e l’impatto della tecnologia sulla nostra percezione del tempo e dello spazio. Un altro artista che segue una ricerca simile è Olafur Eliasson, artista danese attivo nel campo dell’arte ambientale e dell’installazione. Le sue opere giocano con la luce, il colore e la percezione per creare esperienze multisensoriali che invitano gli spettatori a riflettere sulla relazione tra l’uomo e l’ambiente circostante. Eliasson esplora il concetto di umano e non umano attraverso la sua pratica artistica, mettendo in luce le interconnessioni tra natura, tecnologia e creatività umana. Il confronto tra i lavori di Pierre Huyghe, Tatsuo Miyajima e Olafur Eliasson offre uno sguardo approfondito sulle diverse sfaccettature della relazione tra l’essere umano e il mondo che lo circonda. Mentre Huyghe si concentra sull’incrocio tra umano e non umano attraverso l’interazione con l’intelligenza artificiale, Miyajima e Eliasson esplorano rispettivamente il tempo, la tecnologia e l’ambiente come elementi fondamentali nella riflessione sull’identità e sulla nostra complessa interazione con il mondo contemporaneo.”


Pierre Huyghe, Mind’s Eyes, Courtesy of the artist and Galerie Chantal Crousel, Marian Goodman Gallery, Hauser & Wirth, Esther Schipper and TARO NASU

Aggiungiamo quello che GPT non può ancora scrivere, perché non ha potuto visitare la mostra. Ed è che essenzialmente la promessa di creare “un mondo dinamico e sensibile in continua evoluzione” è mantenuta. Non siamo di fronte né a una sorta di successione di effetti speciali molto evoluti né a una sfida uomo-macchina, come spesso accade. Il brulicante non spazio in cui creature innaturali o naturali, umanoidi inorganiche e animali immote che si muovono o stazionano in uno spazio in divenire e in un tempo diverso, producono effettivamente una sensazione di una diversa realtà in costruzione. La donna senza volto e cervello che cerca di comprendere il luogo in cui si trova, le maschere che creano un nuovo linguaggio, gli automi che costruiscono un film eterno muovendosi come un antico rituale riprendendo uno scheletro umano, costruiscono i loro gesti accumulando e rielaborando informazioni che captano nella realtà circostante. Quindi, come accennavamo, gesti che si compiono senza una volontà iniziale che ne regola il moto, ma non senza senso. Una situazione, quindi, transitoria tra l’umano e l’inumano, tra l’organico e l’inorganico poiché oltre ai prodotti dell’intelligenza artificiale, la mostra è abitata anche da animali primordiali (es. granchio freccia) scelti per la ricorrenza assoluta del loro comportamento istintivo. L’umano effettivamente si trova in questo grande spazio ad essere un supporto delle creature che lo abitano. La donna all’ingresso, che immobile illumina una pietra posata a terra per evitare al pubblico di cadere visto il buio totale della sala, i ragazzi che prendono per mano le persone che stanno sotto le maschere e le spostano da un punto all’altro, confermano, in una sorta di neo Matrix involontario, la sensazione di un’assenza di gerarchia tra le diverse forme di vita, se così si può ancora dire. Per quanto ci sia ancora una causa prima, in fondo le entità esistono perché pensate da Huyges, per quanto fuori da Punta della Dogana la volontà determinata umana ancora dispieghi tutto il suo pericoloso potenziale, in questa mostra si accenna ad una diversa possibile intenzionalità in divenire, non più esclusiva dell’umanità, di nuovi meticci modi di costruire lo spazio che ci circonda ed il tempo che viviamo, o non viviamo.
(per il testo di GPT abbiamo dovuto fare 5 domande. Per confondere le acque abbiamo chiesto alla nostra Ai di correggere quello definitivo)

Pierre Huyghe, Mind’s Eyes, Courtesy of the artist and Galerie Chantal Crousel, Marian Goodman Gallery, Hauser & Wirth, Esther Schipper and TARO NASU

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